Generalità
Le tradizioni artistiche del Mozambico sono ricche e molto vive, nonostante decenni di colonialismo e guerra civile. La musica tradzionale è detta marrabenta; gli strumenti tipici sono quelli a fiato (lupembe) e una sorta di xilofono (timbila). Una delle danze tradizionali più note dell’Ihla de Mozambique e della costa settentrionale è il tufo. Si tratta di una danza lenta di origine araba, eseguita solitamentre solo da donne. Tra le danze eseguite con le maschere particolarmente famosa è quella dei makonde detta mapiko; un uomo con una gigantesca maschera e completamente nascosto da stoffe rappresenta un morto che torna nel mondo dei vivi per spaventare donne e bambini. La danza viene eseguita seguendo un ritmo particolare battuto su tamburi tradizionali. La cucina mozambicana mescola apporti portoghesi, africani e indiani; la cassava accompagna l’ottimo pesce: una specialità locale è infatti la matapa, cassava condita con salsa di arachidi che accompagna dei gamberi. L’unico sito patrimonio dell’umanità dell’UNESCO è l’Ihla de Mozambique (2001): vi sorge la città fortificata omonima, risalente al XVI secolo, antica tappa portoghese lungo la rotta per l’India.
Letteratura
Il movimento letterario segue la formazione e l’evoluzione di una coscienza etnica e nazionale. Negli anni Trenta del Novecento il poeta Rui de Noronha (1909-1943) espresse timidamente i conflitti suscitati dalla situazione coloniale, ma, nonostante la fede nel risveglio dell’Africa, era ancora lontano da una completa identificazione con la sua gente. Essa si determinò più tardi, dopo che i giornalisti Joao Albasini ed Estácio Dias, fondatori del settimanale Obrado africano (Il grido africano), realizzarono una maggiore presa di coscienza dei problemi dei neri nella società coloniale. Verso gli anni Cinquanta, un gruppo di studenti e di intellettuali, che faceva capo al “Centro di Studi Africani” di Lisbona pubblicava un Quaderno di poesia nera di espressione portoghese (1953), reagendo contro l’immagine lusitana dell’“uomo negro”, e si avviava verso l’affermazione nazionale. Si tratta di José Craveirinha (1922-2003), Marcelino dos Santos (n. 1929) e Noémia de Sousa (1926-2002), la cui poesia di protesta cantò la vita quotidiana e le gesta degli africani. Nello stesso periodo Joao Dias (1926-1949) rivela un talento narrativo di alto livello e un anelito di giustizia e di libertà in uno straordinario libro di novelle, Godido e outros contos (1952). Negli anni Sessanta alcuni scrittori bianchi, come i poeti Rui Knopfli (1932-1997), Virgílio de Lemos (n. 1929) e Rui Nogar (1932-1993), solidarizzano con la causa dei neri e tendono a creare una letteratura nazionale, con temi e stili propri, che fanno appello al linguaggio parlato. La letteratura evidenzia la protesta sociale e le rivendicazioni nazionalistiche. Vari scrittori subiscono il carcere o scelgono l’esilio. Il rifiuto del sistema coloniale appare nell’opera del migliore prosatore mozambicano, L. B. Honwana (n. 1942), col romanzo Nos Matámos o Cao Tinhoso (1964; Uccidemmo il cane rognoso) e di Orlando Mendes (1916-1990). La poesia accoglie i ritmi delle melodie popolari e fa sovente appello alla fraternità della lotta. Essa diviene sempre più politica, militante, quando, nel 1961, riprende la lotta armata. Sérgio Vieira (n. 1941), Jorge Rebelo (n. 1940) e Armando Guebusa (n. 1944) esaltano la lotta e realizzano la coincidenza dell’impegno nazionalista con quello poetico. È una poesia di circostanza, che tuttavia crea una lingua nuova, attraverso l’immissione nelle strutture portoghesi dei ritmi delle lingue africane. Dopo l’indipendenza, la letteratura ha subito nuovi influssi (scrittori brasiliani e angolani), ha trattato in prevalenza il tema della guerra anticoloniale ma ha descritto anche la vita quotidiana. Intorno alla rivista letteraria Charrua (Aratro) si riuniscono scrittori più giovani che, pur non avendo conosciuto la guerriglia, ne seguono la linea ideologica. Oltre ai poeti già noti, citiamo L. C. Patraquim, H. Muteia, B. Nuno, A. Artur, J. Bucane, E. White. Fra i narratori è emerso Mia (António Emílio Leite) Couto (n. 1955), che domina i circoli letterari del paese; fra le sue opere tradotte anche in italiano, Terra soñambula (1992; Terra sonnambula), Um rio chamado tempo, uma casa chamada terra (2002; Un fiume chiamato tempo, una casa chiamata terra). Altro scrittore che si inserisce pienamente nell’onda postcoloniale è Ungulani Ba Ka Khosa (n. 1957), divenuto famoso con la sua opera prima Ualalapi (1987). Poeti importanti sono invece Eduardo White (n. 1963) e Heliodoro Baptista (n. 1944). Tra le figure femminili spiccano Lilia Momplé (n. 1935), e Paulina Chiziane (n. 1955), che con il suo romanzo Balada de Amor ao Vento, uscito nel 1990, è stata la prima scrittrice mozambicana a pubblicare un libro.
Arte
La migliore produzione artistica è dovuta alla più settentrionale delle tre grandi aree etnografiche in cui può essere diviso il Mozambico, e in particolare ai makonde. Gli scultori makonde tendono ad accentuare lo stile naturalistico delle loro maschere e delle loro statuette, con una caratteristica abilità nel rendere in maniera sensuale la carne umana. Nelle statuette femminili, che in passato avevano certamente funzioni cultuali, sono riprodotti i tatuaggi e il tipico piattello inserito nel labbro inferiore. Nella parte meridionale del Paese per le sculture si utilizza il legno di sandalo. Legato all’arte contemporanea è lo scultore R. Nkatunga (n. 1951), i cui lavori testimoniano aspetti differenti della vita rurale. Il più famoso artista mozambicano, noto a livello internazionale, è Malangatana Valente Ngwenya (n. 1936), conosciuto comunemente solo come Malangatana; famoso principalmente per i suoi dipinti, si è dedicato anche alla scultura e alla pittura di murales.