Pare che l’arte del colorare i tessuti con la tecnica batik, sia nata in Asia, nell’isola di Giava, e da lì si sia diffusa in tutto il mondo. La parola stessa BATIK deriva dalle parole javanesi “tilk” (punto) e “amba” (scrivere). La tecnica batik si basa sulla distribuzione di cera bollente su parti definite di un telo di seta o di cotone, il quale viene poi immerso in vasche di tinture vegetali dove il colore si fissa solamente nelle parti non coperte dalla cera. La ripetizione di questo processo produce disegni molto elaborati e colorati. Questa tecnica è conosciuta in tutto il mondo. Ogni popolo, specialmente quelli che possono disporre solo di tecnologie semplici, utilizza l’arte del batik per esprimere la propria creatività e rappresentare il proprio ambiente di vita.
I batik del Mozambico si distinguono sia per il tipo di figure rappresentate, sia per i colori caldi: marrone, giallo, arancio che spesso vengono usati; solo su alcuni predominano invece il verde o l’azzurro. La produzione si concentra nella capitale Maputo.
Gli artisti lavorano di solito in piccoli gruppi composti da un maestro che realizza il disegno e sceglie i colori, e da alcuni ragazzi-allievi che si occupano delle varie fasi di colorazione, della ceratura e della stiratura del batik, steso tra due fogli di carta.
L’atmosfera evocata nei batik è calda e solare. Il sole è sempre rotondo, rosso o anche nero, le donne portano in testa ogni genere di cose: mortai, vasi di terracotta pieni d’acqua, fagotti annodati, legna per il fuoco. Dalla mano o dal braccio pendono una borsa o una borsetta fatta di fibre intrecciate, dietro alla schiena spesso si individuano la testa e le gambe di un bambino; il villaggio è simboleggiato da una capanna e una palma; gli uomini hanno pesci in testa e attrezzi di lavoro in mano. Vestiti con un corto gonnellino, danzano al ritmo dei tamburi. Gli animali rappresentati sono l’elefante mentre avanza nella savana, la giraffa, la zebra e l’ibis, spesso mentre si abbeverano.
(tratto da ‘unsecondo.com)